25 Contorni Dimenticati degli Anni ’70 che Vogliamo Recuperare #anni70 #cucinaitaliana #italiachericordiamo

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Ti ricordi quando le verdure non erano solo un’aggiunta al piatto, ma erano il piatto stesso? Quando la stagionalità non era una moda da chef stellati, ma l’unica possibilità che avevamo? Negli anni Settanta, i contorni erano il vero cuore della cucina italiana, quelli che riempivano la pancia e scaldavano il cuore.

📖 in questo video:
Viaggio nella cucina italiana degli anni ’70 alla riscoperta di 25 contorni dimenticati che hanno sfamato intere generazioni. Ricette povere ma ricche di sapore, preparazioni semplici che trasformavano le verdure di stagione in piatti memorabili. Dall’orto alla tavola, dalla necessità all’arte culinaria: questi sono i sapori autentici che meritano di tornare nelle nostre cucine.

⏱️ TIMESTAMPS:
00:00 – Introduzione: quando i contorni erano il cuore della tavola
01:30 – Carciofi alla giudia e cicorie ripassate
03:45 – Patate arrosto al forno come una volta
05:20 – Peperoni cruschi e melanzane a funghetto
07:10 – Fagiolini lessi e zucchine trifolate della nonna
09:00 – Pomodori ripieni e cipolline in agrodolce
10:45 – Finocchi gratinati e puntarelle alla romana
12:30 – Cardi gratinati e verze stufate dell’inverno
14:15 – Piselli al prosciutto e fave con guanciale
16:00 – Funghi trifolati e il sapore del bosco
17:20 – Conclusione: il valore della semplicità

📚 FONTI STORICHE E DOCUMENTI:

“La cucina italiana: storia di una cultura” – Alberto Capatti e Massimo Montanari (Editori Laterza, 1999)
“L’Italia della buona tavola” – Piero Camporesi (Garzanti, 1980)
Archivio storico “La Cucina Italiana” – annate 1970-1979
“Il cucchiaio d’argento” – Prima edizione integrale (Editoriale Domus, 1950-1970)
“Cibo e classe operaia” – Diego Leoni, studi sulla cucina popolare italiana del dopoguerra
Testimonianze orali Archivio Demoetnoantropologico Regionale
“Verdure dimenticate e antiche varietà” – Massimo Angelini (Slow Food Editore)
Ricettari familiari manoscritti – Collezione privata anni ’60-’70

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Ti ricordi quando le verdure non erano solo un’aggiunta al piatto, ma erano il piatto stesso, quando la stagionalità non era una moda da chef stellati, ma l’unica possibilità che avevamo? Negli anni 70 i contorni erano il vero cuore della cucina italiana, quelli che riempivano la pancia e scaldavano il cuore. Oggi vi porto indietro in quegli anni in cui ogni verdura aveva il suo momento, il suo profumo, la sua storia da raccontare. Iscriviti a L’Italia che ricordiamo e raccontaci nei commenti quale di questi contorni non mancava mai sulla tua tavola di casa. In questo episodio riscopriamo 25 contorni che hanno accompagnato i pranzi e le cene di milioni di famiglie italiane negli anni 70, quelli che oggi non si vedono quasi più sulle tavole moderne, ma che custodiscono sapori autentici e gesti d’amore. Ti svelerò perché proprio questi piatti semplici, fatti con ingredienti poveri e tanta creatività, erano il segreto di una cucina che sapeva trasformare il poco intanto la necessità in arte. Erano gli anni in cui ogni stagione portava con sé i suoi doni dalla terra e noi sapevamo accoglierli con gratitudine. La verdura non arrivava da chissà dove, confezionata in plastica e sempre disponibile. No, arrivava dall’orto del nonno, dal contadino del paese, dal mercato del sabato mattina, dove le donne sceglievano con cura ogni cespo, ogni foglia. E quella verdura doveva durare, doveva sfamare, doveva diventare qualcosa di speciale, anche quando era solo un pezzo di terra trasformato in nutrimento. Le nostre madri e nonne avevano imparato l’arte di rendere straordinario l’ordinario, di fare magia con quattro ingredienti e tanta pazienza. Iniziamo con i carciofi alla giudia, anche se preparati nella versione casalinga, più semplice di quella romana autentica. Chi non ricorda quelle foglie croccanti? fritte nell’olio bollente fino a diventare dorate come petali di un fiore commestibile. Si pulivano con cura maniacale, foglia dopo foglia e poi venivano schiacciati leggermente per aprirsi come rose prima di essere immersi nell’olio caldissimo. Il profumo invadeva tutta la casa e noi bambini giravamo intorno ai fornelli, aspettando il momento di assaggiare quelle punte croccanti, leggermente salate, che si scioglievano in bocca, e le cicorie ripassate in padella, quelle foglie amare che prima venivano bollite e poi saltate con aglio, olio e peperoncino. La cicoria era considerata una verdura povera, quella che cresceva anche spontanea nei campi, ma sulla nostra tavola diventava un contorno principe. L’amarezza si addolciva nella cottura e quel sapore deciso ci ricordava che non tutto nella vita doveva essere dolce per essere buono. Si mangiava con il pane fatto in casa, inzuppato in quel fondo di olio e acqua di cottura che restava nel piatto e niente andava sprecato. Poi c’erano le patate arrosto al forno, ma non quelle di oggi, tagliate precise e condite con erbe aromatiche sofisticate. No, le nostre erano patate tagliate a grossi spicchi, buttate nella teglia con olio, rosmarino colto dal cespuglio in giardino, aglio in camicia e sale grosso. Cuocevano lentamente nel forno a legna e si giravano a metà cottura con una forchetta. Venivano fuori croccanti fuori e morbide dentro con quel sapore intenso che oggi cerchiamo invano nelle patate del supermercato. La domenica, quando si faceva l’arrosto, quelle patate cuocevano nello stesso forno, assorbendo tutti i profumi della carne, diventando il contorno più conteso della tavola. Chi si ricorda dei peperoni cruschi lucani, quelli che friggevano nell’olio diventando croccanti come patatine? Non erano un contorno comune ovunque, ma chi li conosceva li adorava. Quei peperoni secchi che sembravano carta velina rossa, quando toccavano l’olio bollente, si trasformavano in qualcosa di magico, fragrante e leggermente piccante. Si sbriciolavano sopra la pasta o si mangiavano da soli, come uno snack che oggi definiremmo gourmet, ma che allora era solo il modo intelligente di conservare il raccolto estivo per l’inverno. Le melanzane a funghetto erano un altro classico intramontabile, tagliate a cubetti, cosparse di sale per far uscire l’acqua amara, poi sciacquate e fritte in abbondante olio. Alla fine si aggiungevano pomodoro, aglio basilico e si lasciavano insaporire per qualche minuto. Quel piatto rappresentava l’estate mediterranea in tutta la sua gloria, il profumo del basilico fresco mescolato al dolce delle melanzane e all’acidità del pomodoro. Si mangiavano calde o fredde, erano perfette in ogni momento e il giorno dopo avevano un sapore ancora più intenso perché tutti gli ingredienti si erano sposati durante la notte. E i fagiolini lessi con olio e limone sembra un piatto banale, eppure nascondeva una saggezza culinaria. profonda. I fagiolini venivano raccolti quando erano ancora giovani e teneri, bolliti in acqua salata fino a quando erano cotti, ma ancora croccanti, mai stracotti, come si usa troppo spesso oggi. Poi venivano scolati, disposti nel piatto da portata e conditi semplicemente con olio extravergine a crudo, succo di limone fresco e un pizzico di sale. Quel condimento esaltava il sapore delicato dei fagiolini senza coprirlo. la dimostrazione che a volte meno e davvero di più. Le zucchine trifolate erano un altro pilastro della cucina degli anni 70. Zucchine tagliate a rondelle sottili, non troppo sottili, però saltate in padella con aglio, prezzemolo e un filo d’olio. La chiave stava nel non cuocerle troppo, dovevano rimanere leggermente croccanti, mai mollicce. E quel profumo di prezzemolo fresco tritato al momento, mescolato all’aglio dorato, è uno di quei profumi che ti riportano indietro nel tempo con una forza incredibile. Bastava entrare in casa e sentire quell’odore per sapere che a cena ci sarebbero state le zucchine della mamma. Poi c’erano le bietole saltate, quelle grandi foglie verdi che sembravano enormi e che si riducevano a niente in cottura. Prima bollite, poi strizzate con forza per eliminare tutta l’acqua e infine ripassate in padella con olio, aglio e a volte un pizzico di peperoncino. Le bietole erano considerate umili, una verdura da poveri, ma sulla nostra tavola avevano la stessa dignità di qualsiasi altro piatto. Si mangiavano con il pane, sempre con il pane, perché quel condimento nel fondo del piatto era troppo buono per essere lasciato lì. I pomodori ripieni di riso erano un classico estivo che richiedeva pazienza e dedizione. Si svuotavano i pomodori grossi e maturi. Si preparava un ripieno con riso, prezzemolo, basilico, aglio, un pizzico di parmigiano se c’era, e si infornava tutto insieme. Il riso cuoceva lentamente, assorbendo il succo del pomodoro e gli aromi delle erbe. I pomodori si afflosciavano leggermente, creando un’armonia perfetta. Si mangiavano tiepidi o freddi, erano perfetti per le cene d’estate quando faceva troppo caldo per cucinare piatti complicati. Le cipolline in agrodolce erano un contorno che divideva. O le amavi o le odiavi, non c’era via di mezzo. Quelle piccole cipolle bianche bollite e poi cotte in una salsa di aceto, zucchero e a volte un po’ di vino bianco. Il sapore agrodolce era intenso, particolare e accompagnava perfettamente i bolliti e le carni grasse. Prepararle era un lavoro certosino, perché quelle cipolline andavano pelate una per una e le lacrime scorrevano copiose, ma il risultato finale ripagava di ogni fatica. Chi si ricorda delle carote al Marsala? Un contorno elegante che si preparava per le occasioni speciali. Le carote tagliate a rondelle venivano cotte in padella con burro, un cucchiaio di zucchero e poi sfumate con il Marsala. Il vino dolce si riduceva creando una glassa lucida che ricopriva le carote rendendole morbide e dal sapore complesso, dolce, ma non troppo, con quella nota alcolica che le rendeva sofisticate. Era un contorno che faceva bella figura anche con gli ospiti e i finocchi gratinati al forno, quei bulbi bianchi e profumati che venivano bolliti fino a diventare teneri, poi disposti in una teglia, ricoperti di besciamella leggera e parmigiano grattugiato e infornati fino a formare una crosticina dorata. Il finocchio perdeva la sua croccantezza cruda, ma acquistava una dolcezza delicata che si sposava perfettamente con la cremosità della besciamella. Era un modo per far mangiare le verdure anche ai bambini più resti. Le puntarelle alla romana con quella salsa di acciughe e aglio che le rendeva irresistibili. Le puntarelle venivano pulite con pazienza infinita, tagliate in strisce sottili e messe a bagno in acqua gelata per farle arricciare. Poi venivano condite con una salsa fatta di acciughe sciolte nell’olio, aglio tritato, finissimo, aceto e a volte un pizzico di pepe, croccanti, amare al punto giusto, con quel sapore deciso della salsa che le trasformava completamente. Non erano per tutti i palati, ma chi le amava ne andava pazzo. I cardi gratinati erano un contorno invernale che richiedeva una preparazione laboriosa, ma che dava grandi soddisfazioni. I cardi, quei gambi bianchi e fibrosi, simili al sedano, ma con spine sulle foglie, venivano puliti con cura, eliminando i fili duri, poi bolliti in acqua acidulata con limone per non farli annerire. Una volta cotti venivano disposti in teglia, cosparsi di parmigiano e pangrattato e gratinati al forno. Il risultato era un contorno dal sapore delicato, leggermente amarognolo, con quella crosticina croccante che contrastava con la morbidezza interna. Le verze stufate con il pomodoro erano il comfort food dell’inverno. La verza tagliata all starelle veniva cotta lentamente in una salsa di pomodoro con cipolla, aglio e a volte un pezzetto di lardo o pancetta per dare sapore. Cuoceva per ore a fuoco basso, diventando tenerissima e assorbendo tutti i profumi del soffritto. Quel piatto ti scaldava dentro, profumava di casa e di cura. Era il tipo di cibo che ti faceva sentire protetto nelle lunghe serate invernali. I cavolfiori lessi con la salsa verde erano un altro classico. Il cavolfiore veniva bollito intero in acqua salata, poi servito con una salsa verde fatta di prezzemolo, acciughe, capperi, aglio, aceto e olio. Quella salsa sapida e intensa trasformava completamente il sapore neutro del cavolfiore, aggiungendo complessità e carattere. I broccoli ripassati con aglio e peperoncino erano un mast della cucina del sud. I broccoli venivano prima sbollentati e poi saltati in padella con olio abbondante, aglio a fettine e peperoncino piccante. Alcuni aggiungevano anche le acciughe per dare più sapore. Il risultato era un contorno saporito, leggermente piccante che si abbinava perfettamente con la pasta corta o si mangiava semplicemente con il pane. I porri brasati erano un contorno raffinato per le occasioni speciali. I porri venivano tagliati a metà per il lungo, lavati accuratamente e poi brasati in padella con burro, brodo e a volte un goccio di vino bianco. Cuocevano lentamente fino a diventare tenerissimi e a caramellare leggermente. Il sapore dolce e delicato dei porri cotti in questo modo era qualcosa di speciale. Le erbette saltate con olio e limone erano un contorno primaverile che celebrava il risveglio della natura. Per erbette si intendeva un misto di verdure di campo, bietole selvatiche, cicorie, tarassaco, quello che si trovava. Venivano raccolte nei prati, pulite con cura, bollite brevemente e poi saltate in padella con olio e uno spruzzo di limone. Ogni boccone parlava di terra, di primavera, di vita che ricomincia. Gli spinaci al burro erano il modo più semplice e più buono di preparare questa verdura. Spinaci freschi, lessati velocemente, strizzati bene e poi ripassati in padella con burro abbondante, sale e noce moscata grattugiata al momento. La noce moscata faceva la differenza. Quel sapore caldo e leggermente piccante esaltava gli spinaci in modo incredibile. I peperoni arrostiti e pelati erano un lavoro estivo che coinvolgeva tutta la famiglia. I peperoni venivano messi direttamente sulla fiamma del gas o sulla brace, fino a quando la pelle non si anniva completamente. Poi venivano chiusi in un sacchetto di carta per farli sudare e la pelle si staccava facilmente. Una volta pelati venivano tagliati all listarelle e conditi con olio, aglio, prezzemolo e a volte aceto. Quel profumo di peperoni arrostiti è indimenticabile, dolce e affumicato. Le fave fresche stufate con il guanciale erano un piatto primaverile tipico del centro Italia. Le fave fresche venivano sgranate e cotte in padella con cipolla, guanciale a dadini, un po’ di vino bianco e brodo. Cuocevano lentamente fino a diventare cremos e il sapore del guanciale si fondeva con la dolcezza delle fave, creando un’armonia perfetta. I piselli al prosciutto erano forse uno dei contorni più amati di quegli anni. Piselli freschi che le donne sgranavano pazientemente sedute fuori casa nelle sere di primavera, venivano cotti in padella con cipolla tritata, finissima, prosciutto crudo a dadini, un po’ di brodo e a volte un cucchiaino di zucchero. Il risultato era un contorno cremoso, dolce e sapido allo stesso tempo che piaceva a grandi e piccini. Le coste di bietola gratinate erano un modo intelligente per utilizzare anche i gambi della verdura. Le coste venivano bollite fino a diventare tenere, poi disposte in teglia, ricoperte di besciamella leggera e parmigiano e gratinate al forno. Il contrasto tra la cremosità della besciamella e la texture fibrosa delle coste era interessante e la crosticina dorata finale le rendeva irresistibili. E infine i funghi trifolati, quando la stagione lo permetteva e qualcuno in famiglia andava a cercarli nei boschi. Porcini, chiodini, ovoli, qualsiasi fungo buono veniva pulito con cura, mai lavato sotto l’acqua, ma solo spazzolato, e poi trifolato in padella con aglio, prezzemolo e olio. Il profumo dei funghi che cuocevano era inebriante. riempiva la casa di un odore di bosco che ti faceva sentire connesso con la natura. Si mangiavano da soli o con la polenta ed erano considerati un lusso, un regalo della montagna. Questi 25 contorni raccontano più di semplici ricette. raccontano un modo di vivere, un rapporto con il cibo fatto di rispetto, di creatività, di capacità di trasformare il poco in tanto. Ogni verdura aveva la sua stagione e noi sapevamo aspettare, desiderare, godere di quel momento preciso in cui finalmente tornava sulle nostre tavole. Non c’era la pretesa di avere tutto sempre, c’era invece la gioia di ritrovare quei sapori anno dopo anno, come vecchi amici che tornano a trovarci. Era più di un contorno sul piatto, era un legame con la terra, con le stagioni, con chi aveva coltivato quelle verdure e con chi le aveva cucinate per noi con amore. Scrivimi nei commenti qual è il contorno che per te profuma di infanzia, quello che quando lo ritrovi ti riporta immediatamente a casa. E se vuoi raccontare la tua storia, se hai una ricetta di famiglia che vuoi condividere, scrivici alla mail che trovi in descrizione. Potresti diventare protagonista del prossimo video. Iscriviti al canale, condividi questo video con chi, come te, ama ricordare i sapori autentici e tieni vivo il sapore dei ricordi, perché questi contorni dimenticati meritano di tornare sulle nostre tavole, non come nostalgia, ma come eredità preziosa da tramandare.

10 Comments

  1. Qual è quel contorno che bastava sentirne il profumo dalla cucina per farti correre a tavola da bambino? Quello che tua madre o tua nonna preparava e che oggi non trovi più da nessuna parte, ma che quando chiudi gli occhi riesci ancora a sentirne il sapore sulla lingua?
    Raccontamelo nei commenti: voglio sapere quale verdura, quale preparazione, quale gesto d'amore ti riporta indietro nel tempo. 💚

  2. Mia madre ha continuato a cucinare tutti questi contorni fino al 2018. Ne ho nostalgia, ma qui a Lisbona non si trova sempre tutto e faccio quello che posso.

  3. Ho un vecchio libro di ricette di mia madre… ci trovo delle ricette che "sanno di buono e antico"!

  4. I carciofi comunque non sono mai stati una verdura povera.
    Purtroppo abbiamo lasciato che ci inondassero di supermercati e adesso mangiamo i la mondezza a prezzi proibitivi

  5. 12:51 Che ricordi gustosi! 🥗✨ I contorni di una volta avevano un sapore unico ❤ Quale di questi piatti degli anni ’70 vorreste riportare sulla tavola di oggi?

  6. Mio padre faceva l' orto e mi ricordo quando preparava il minestrone appunto con le verdure che aveva coltivato, così per tutto l' anno avevamo il minestrone, lo riponevamo nel frizer . Faceva anche le conserve e poi le riponeva in cantina, e a proposito di cantina lo aiutavo ad imbottigliare il vino. Quante belle cose si preparavano. Anche lavorando tutta la settimana i miei genitori trovavano il tempo per queste preparazioni. Grazie per allitarci con questi ricordi di vita quotidiana esclusivamente per il necessario, oggi purtroppo quasi de tutto scomparso.